Il caso Froome divide ancora

Gli organizzatori del Giro hanno, in modo un po’ scontato, definito Chris Froome “Imperatore di Roma”, dopo al sua vittoria al Giro d’Italia (a cui qualcuno ha sarcasticamente risposto definendolo “The Pope of Dope“…). Vittoria che fa entrare il britannico (primo a vincere il Giro d’Italia) nella ristrettissima cerchia dei vincitori dei tre grandi giri in modo consecutivo assieme a nientemeno che Eddy Merckx e Bernard Hinault.

Sono servite 72h per smontare le gioie di Froome, grazie proprio al “tasso”, Hinault che ha dichiarato al quotidiano belga Het Laatse Nieuws che Froome “non avrebbe mai dovuto partecipare al Giro. Froome non appartiene a questa lista. C’è stato un test positivo alla Vuelta ed il risultato del campione B è positivo, deve essere sospeso“. Quindi conclude in modo tombale: “Froome non fa parte della leggenda di questo sport“.

Tecnicamente non si tratta di controllo positivo, ma “anormale” secondo tutta la regolamentazione che chi ha seguito il caso dovrebbe ormai conoscere a menadito. Ma tant’è, il senso di quello che dice Hinault è piuttosto chiaro.

Non è tardata ad arrivare una risposta però, nello specifico da parte di Johan Bruyneel, ex pro della Once, e Team Manager della USPostal di Lance Armstrong, che in un tweet:

Mio vecchio Bernard!! Il mio più grande rispetto per quello che hai fatto come campione, sei e resti il grandissimo idolo della mia infanzia, tuttavia non sarebbe più saggio chiudere la tua grande bocca? Signor memoria corta…

Il riferimento alla memoria corta è verso la premiazione del Vélo d’Or 2018 di cui Froome è stato onorato, fatta proprio da Hinault.

Resta il fatto che il risultato di Froome alla Vuelta, al Giro e quindi la presenza del suo nome accanto a quelli di Merckx ed Hinault è in forse. Il controllo anormale in cui nelle urine di Froome è stata trovata una dose doppia del consentito di salbutamolo non porta alla sospensione provvisoria secondo il codice mondiale antidoping, e pertanto Froome ha potuto e può continuare a correre in competizione fino ad un verdetto. In funzione di questo e degli eventuali appelli si saprà il destino del britannico e dei suoi titoli, che potrebbero essere revocati.

Sulla questione è tornato proprio David Lappartient, presidente UCI, che ha informato che il servizio giuridico antidopoing dell’UCI, il LADS, sta giungendo alle sue conclusioni, e che ci sono il 50% di possibilità che il verdetto arrivi prima dell’inizio del Tour de France. I motivi?

E’ un caso molto complesso, con molti avvocati, molti documenti, molti soldi (in ballo -ndr-). Prenderemo le nostre decisioni il più rapidamente possibile, ma non possiamo fare di più. Tutto è molto più complicato del solito con questo dossier“.

 

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