Vingegaard in rampa di lancio per il Tour

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Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) ha vinto ieri il Critérium du Dauphiné, la sua terza vittoria in corse a tappe brevi della stagione, dopo O Gran Camiño a febbraio e giro dei Paesi Baschi a marzo (11 vittorie in 25 giorni di gara).

Quest’ultima vittoria di Vingegaard però ha il sapore di un forte avvertimento per il Tour de France, in quanto il danese non ha solo vinto, ma non ha avuto avversari praticamente. Vingo ha vinto con un vantaggio di 2’23” su Adam Yates (UAE-Emirates) e 2’56” su Ben O’Connor (AG2R); questo quando il Dauphiné si è vinto negli ultimi anni sempre con distacchi sotto il minuto. Persino il miglior Froome vinse nel 2015 per soli 10″ su Van Garderen, o 12″ l’anno successivo su Bardet.

Per trovare un distacco maggiore tra 1° e 2° al Dauphiné bisogna tornare indietro di ben 36 anni, quando Charly Mottet vinse su Henry Cardenas per 2’44” nel 1987.

Vingegaard non solo si è imposto con facilità nelle tappe di montagna, confermando di essere lo scalatore più forte, ma si è pure confermato forte a cronometro, arrivando 2° dietro solo al connazionale Mikkel Bjerg (UAE) per 12″, nell’unica prova contro il tempo della gara francese. Una cronometro non proprio piatta, ma in cui tra i suoi diretti avversari si sono salvati solo Yates, che ha subito un ritardo di 45″ e O’Connor, +29″ facendo “la cronometro della vita”, come ha spiegato poi l’australiano.

Gli altri hanno subito ritardi da quasi un minuto (la coppia Ineos Martinez-Castroviejo e Hindley) al minuto pieno (Jack Haig) a oltre il minuto, se non quasi due (Gaudu, Bernal).

In generale lo strapotere di Vingegaard può essere stato persino evidenziato da alcuni concorrenti che sono sembrati appannati, ad esempio proprio David Gaudu (Groupama), assolutamente evanescente, il quale in un’intervista, alla domanda “cosa ne pensi di Vingegaard in questo Dauphiné?” ha risposto con una risata amara: “non lo so, non l’ho mai visto” (lamentandosi poi di vari insulti ricevuti via social su stesso e la propria famiglia da parte di “tifosi” delusi…).

Nell’ultima tappa si è visto un ottimo Giulio Ciccone (Trek), e vari scalatori puri hanno recuperato posizioni grazie alle durissime rampe della salita de la Bastille, come Guillaume Martin (Cofidis), la promessa Carlos Rodriguez (Ineos) ed anche un ritrovando Egan Bernal. Ma tutti questi hanno comunque un ritardo superiore ai 5′ in classifica generale rispetto a Vingegaard. Addirittura oltre 8′ un Enric Mas (Movistar) opaco, se non disastroso nella cronometro (55°). Non sorridono nemmeno Mikel Landa (22° a quasi +13′) e Richard Carapaz (36° a oltre mezz’ora dopo essere crollato nell’ultima tappa).

In generale tutti i sudamericani, Bernal a parte, sembrano in un momento no. Momento super invece per gli scandinavi della Uno-X, con Træen Torstein 7° e Tobias Johansen 15°. La squadra norvegese sta veramente ottenendo risultati di rilievo con costanza, ed infatti i suoi innovativi metodi di allenamento ormai catturano l’interesse di molto pubblico.

Il tutto va traslato in ottica Tour de France. Vingegaard si è detto “un po’ sorpreso per i distacchi, anche se so che sono in buona condizione“.  Definirsi in buona condizione solamente è un inno all’understatement da parte del timido danese, il quale però poi ha aggiunto anche: “devo ancora lavorare, penso di poter fare meglio, in ogni caso lo spero“.  Da notare che Vingegaard ha avuto un ottimo supporto in questo Dauphiné da parte di Van Baarle e Attila Valter, ma al Tour avrà a disposizione tutto l’arsenale della Jumbo-Visma, con Keldermann, Kuss e vedremo se il solito debordante Van Aert formato Tour.

Insomma, al momento per il Tour il favorito sembra essere uno solo, in mancanza di notizie da parte di Tadej Pogačar. Il sempre sorridente sloveno non ha partecipato a gare dall’infortunio della Liegi di aprile, anche se ovviamente ora accumula stage dopo stage assieme alla sua squadra, con Bjerg e Majka che hanno assicurato che Pogačar “li uccide” in allenamento. Vedremo se 3 mesi senza gare prima del Tour saranno un impedimento per lo sloveno. In ogni caso contro un Vingegaard in gran spolvero non potrà risparmiarsi.

Per tuti gli altri, sulla carta, pare non si possa considerare altro che una lotta per il gradino più basso del podio.

 

 

 

 

 

 

Commenti

  1. Ser pecora:

    In realtà già mi vedo il drama belga per i mondiali, il cui percorso è molto simile a quello dell'anno scorso, ma forse un pelo più adatto a Van Aert....
    Il finale del circuito rispetto a quando hanno fatto gli Europei e' un po' piu' stile gara a circuito con saliscendi e curve abbastanza strette, secondo me non puntare su Van Aert sarebbe un suicidio, Mvdp (se in forma, vuole fare anche la MTB..) in volata se lo mangia a Remco (non vedo tante possibilita' di fuga solitaria, poi eh magari uccella tutti).
  2. andry96:

    anche per wva che comunque deve fare sudare i velocisti puri e non portarseli freschi al traguardo
    Anche se storicamente Wout non è uno molto inventivo...si fida molto della propria volata* e raramente tenta qualcosa prima.

    *che pure quella è abbastanza monodimensionale, cioè sempre lunghissima, e varie volte gli saltano fuori dalla ruota negli ultimi metri e lo fregano. Vedi anche ieri, che è partito ai -300...
  3. Ser pecora:

    Ed aggiungerei che per uno come lui, il predestinato, prendere schiaffoni dagli altri non è il massimo per l'ego e la sicurezza nei propri mezzi. A parte tutto non credo che alla Quickstep non sappiano gestire i propri corridori dal punto di vista caratteriale.

    Nemmeno io l'avrei mandato al Tour onestamente.
    Più che altro io credo che nel ciclismo moderno super-specializzato e super-programmato spostare il proprio obiettivo stagionale (di tre settimane, non di due giorni) da maggio a luglio è oggettivamente difficile e c'è il rischio di arrivare non al 100%.
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