L’UCI vieta i sensori metabolici in corsa

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Da domani sarà attiva l’implementazione del regolamento UCI sui sensori metabolici, per evitare una deriva “da Formula 1” nella competizione, per non dare vantaggi sulla base di una disparità economica, e per permettere ai giovani di non evitare di imparare una parte importante dello sport ciclistico con l’esperienza.

Ma cosa sono i sensori metabolici? Sono dei sensori che da qualche tempo sono apparsi sul mercato e si stanno diffondendo in modo molto rapido. Consistono in cerotti con un piccolo filamento che si inserisce sottopelle e si posiziona dietro la parte alta del braccio e che poi inviano tramite una app la lettura in tempo reale del livello di glucosio o lattato dell’atleta.

Questi sensori, monitorando in tempo reale il livello di glucosio o lattato nel sangue, danno indicazioni molto precise riguardo il modo ed i tempi per alimentarsi, dando la possibilità all’atleta di alimentarsi ed idratarsi al meglio in corsa, evitando di andare in crisi e gestendo al meglio questi parametri mantenendoli nella fascia ottimale per la propria prestazione.

I dati tracciati da questi sensori al momento possono anche essere rinviati alle ammiraglie, dando la possibilità allo staff delle squadre di alimentare al meglio i propri atleti in ogni momento di gara. Ma anche questo sarà proibito dal 10 giugno. I corridori potranno vedere solo i propri dati riguardanti frequenza cardiaca, potenza, cadenza, percentuale di sudorazione (con Ph), temperatura corporea, rapporti utilizzati e pressione degli pneumatici.

È implicito in questo paragrafo che qualcuno abbia “spiato” o tentato di spiare i parametri di corridori avversari. Da cui il sottolineare che ogni atleta possa guardarsi solo i suoi di dati.

Riguardo le motivazioni. La tecnologia continua a progredire e a dare vantaggi in termini di conoscenza e sua precisione, ma ha un costo. Chiaramente poter contare su mezzi finanziari elevati consente di equipaggiarsi al meglio, dando un vantaggio a chi questi mezzi finanziari li ha. Ora, il problema ovviamente non riguarda le squadre professionistiche che possono permettersi senza problemi un generoso stock di sensori metabolici (che hanno durata di 14 giorni e costano tra i 60 e gli 80eu l’uno), ma tutti gli altri. L’UCI in questo è stata sempre molto coerente, ponendosi come organo a tutela di tutto il ciclismo, comprese le categorie dei bambini e le nazioni in via di sviluppo. Questa motivazione di mantenere un fair play tra chi ha mezzi economici e chi no (in uno sport in cui la tecnologia è più presente che in altri) è ad esempio alla base delle motivazioni dei pesi minimi delle biciclette e del loro design.

In linea di principio questo si accorda anche con la volontà di non perdere una parte importante proprio dello sviluppo dei giovani corridori, che è l’apprendimento tramite esperienza. Evitare la cotta e sapersi alimentare è parte fondamentale da sempre del know-how del ciclismo. Così come l’imparare ad allenarsi. Strumenti come i sensori metabolici consentono invece di automatizzare questo apprendimento, o deputarlo proprio ad altri. Cosa che alcuni criticano ad esempio anche riguardo i misuratori di potenza, ma questi in realtà necessitano di una certa curva di apprendimento ed esperienza per essere usati al meglio nell’economia di un allenamento completo.

Entrambe queste, tutto sommato condivisibili, motivazioni dell’UCI, si scontrano però con un problema pratico, ovvero che questi sensori non sono vietati in allenamento, ma solo in corsa. Ovviamente sarebbe praticamente impossibile vietarli in allenamento, non potendo materialmente verificare se ogni atleta del globo li stia usando o meno. Questo quindi lascia comunque aperta la porta per dei vantaggi dati da una disparità economica. Resta a vedere se poi l’atleta che li usa non riesca in ogni modo a velocizzare la curva di apprendimento riguardo l’alimentazione o l’idratazione rispetto a chi non può permettersi questi strumenti.

L’UCI si trova quindi nella solita scomoda posizione di arbitro tra le istanze di atleti sempre alla ricerca della possibilità di migliorare al massimo la propria prestazione, istanza alla base dello sport, e le problematiche che questo porta con se, tra cui, non ultima, lo scontento di parte del pubblico che lamenta la “robotizzazione” dello sport, o che comunque vorrebbe che lo sport fosse isolato rispetto quello che gli accade intorno sotto molti punti di vista (tecnologico, morale, etc.).

 

 

Commenti

  1. samuelgol:

    Mi sembra la motivazione (non necessariamente la decisione) assurda. Vieti una cosa ai professionisti dicendo che non tutti possono avere le disponibilità di usarli, ma non per tutti i prò, solo riferendoti alle categorie minori e aggiungi che un ragazzo deve imparare a conoscersi.
    E in che cosa queste cose vengono salvaguardate vietandolo anche ai prò? Senza contare che sarebbe lo stesso divieto del misuratore. E' vero che bisogna imparare a usarlo, ma mica ci vuole un Nobel. Fai dei test, incrociati con la fc e sai quali sono le tue potenze critiche. Ci riesco io da solo a usarlo così, e ci riescono a maggior ragione i prò. Alla stessa maniera, dovranno fare dei test di tolleranza alla deplezione, per valutare quando è il momento di alimentarsi e quando tirar la corda per rimanere leggeri (atteggiamento figlio della disidratazione controllata).
    Sarebbe come vietare la VAR nel calcio perchè nelle serie minori non ci sono le disponibilità per averla su ogni campo o perchè i ragazzi devono imparare a rispettare le decisioni e gli sbagli dell'arbitro.
    Se invece non si vuole dare troppa rilevanza al progresso tecnologico a scapito dello sport di cui fanno parte anche gli errori di gestione in corsa dell'atleta, allora è una motivazione accettabile (fino a un certo punto), ma questa deve essere la motivazione....ma analogamente andrebbero vietati i pm.
    Motivazione assurda: se è per questo non tutti possono permettersi nemmeno una Dogma F12 con le Lightweight, tanto per dire...Roba da pazzi.
  2. RamboGuerrazzi:

    Nature vuole 9000 dollari, se non ricordo male. Ovviamente prima l'articolo deve essere approvato dai revisori, ci mancherebbe. Ma intanto si ciuccia 9mila dollari, cifra che si può permettere solo chi è sostenuto da fondi di ricerca importanti, che però vengono assegnati sulla base delle pubblicazioni. Rich get richer
    Quello e' il costo per rendere l'articolo open-acess, cioe' visibile a tutti senza pagare. Un'iniziativa che trovo ridicola e che e' stata lanciata come palliativo per evitare boicottaggi di autori e revisori. Pubblicare su nature e' gratuito, se ti prendono il lavoro. 9000 dollari poi li spendi in spumante.
  3. golance:

    mentre tra i pro probabilmente si diffonderanno
    sono già utilizzati; pubblicizzati almeno da un biennio....
    golance:

    magari viste le dimensioni esigue verranno integrati nell'abbigliamento e resi invisibili, voglio vedere a andare a controllare l'interno di un fondello piuttosto che di una soletta della scarpa
    perchè svolgano bene il loro lavoro vanno applicati sul braccio, perchè applicarli la dove non possono svolgerlo bene?
    golance:

    purtroppo temo non ci sia nulla da fare e dico purtroppo perchè con questa siamo all'apoteosi del ciclismo robotico.
    oltretutto verranno usati quotidianamente in allenamento, qualcuno lo starà già facendo sicuro
    detto da un tifoso di armstrong, che in altre discussioni continua a difenderlo dopo tutto, fa quantomeno sorridere!
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