Nei giorni scorsi Mark Cavendish (Bahrain-McLaren) e Luke Rowe (Team Ineos) si sono sfidati (o fatti compagnia) durante un Virtual Everesting, versione virtuale su Zwift dell’ormai nota sfida di 8848mt di dislivello.
Complice il tempo piovoso (ed ovviamente la quarantena) i due britannici si sono fatti una sessione di rulli da 10h30′, per 211km. Cavendish ha commentato: “Mi tolgo il cappello a chiunque lo abbia completato a qualsiasi livello“.
La settimana scorsa Giulio Ciccone (Trek-Segafredo) è andato anche oltre, scalando virtualmente 10397mt (254km) in una sessione di più di 11h. L’italiano ha così commentato alla Gazzetta dello sport: “Ero completamente cotto, svuotato. Non riuscivo nemmeno a ricordarmi quanto tempo avevo pedalato. Ho perso più di 2kg e bruciato 9000 calorie. Mi ero promesso di mangiarmi due pizze se avessi finito il challenge, ma ero talmente stanco che ne ho mangiata solo una. Non mi sono mai sentito cosi male in bici, nemmeno dopo aver finito una corsa con il freddo e la pioggia“.
Detto questo, fare un 600 o un 1000 km in autonomia totale è sicuramente una piccola avventura ed è molto diverso dal farli con un supporto.
Anche qui, capiamoci, la "vera avventura" è altra cosa, è affrontare l'ignoto con risorse limitate, è attraversare posti sconosciuti con le sole proprie forze (non su un SUV 4x4 con telefono satellitare e gps per non perdersi).