Qual è l’impresa ciclistica del 2021?

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Qual è l’impresa ciclistica del 2021? Ormai il 2021 si avvia a concludersi e ci si può guardare alle spalle con soddisfazione pensando alle tante belle imprese ciclistiche di cui gli appassionati hanno potuto godere durante la stagione professionistica. Come nella migliore tradizione da bar sport perché non lanciarsi in una discussione su quale sia stata l’impresa più bella? Quella più spettacolare? Non necessariamente quella più importante, ma quella che ha fatto più emozionare, che ha dato le imagini più belle, quelle che resteranno nel futuro. Insomma, quella che può fare da copertina per il 2021.

Alcuni spunti, in una lista non esaustiva (le emozioni sono soggettive):

Valore storico quello della Roubaix vinta da Lizzie Deignan. La prima Roubaix femminile della storia, con una vittoria che ne ha celebrato degnamente la nascita, arrivata dopo un attacco solitario di 82km.

Impresa a tutto tondo, in senso letterale, la tripletta di Wout van Aert al Tour de France. Tre tappe vinte in tre condizioni diverse, una cosa comune in un ciclismo che pareva non esistere più, tanto che oggi ormai si parla quasi di “discipline” diverse (cronometro, sprint e salita), e che invece il fuoriclasse belga ha saputo riunire sotto i propri colpi di pedale facendoci riassaporare quel gusto di ciclismo “totale” che una volta era solo appannaggio dei campioni veri.

La Roubaix di Sonny Colbrelli. Vincere una Roubaix è già di per se un’impresa, anche se ogni anno (Covid permettendo) se ne assegna una, ma quella di quest’anno ha avuto un sapore particolare, quello del fango, che non si vedeva da 20 anni sul pavé del nord. Ed un sapore ancora più particolare perché a trionfare è stato Sonny Colbrelli, l’italiano “eroe popolare”, che ha fatto la gavetta in fabbrica prima ancora che in squadre continental e che quest’anno ha infilato la stagione perfetta, vincendo 8 gare, tra cui la maglia tricolore e quella europea. Correndo bene, con testa, cuore e gambe come si usa dire. E coronando il tutto con il delirio sul prato del velodromo di Roubaix.

Il mondiale di Julian Alaphilippe. Vincere due mondiali di fila è roba riuscita a pochissimi (7 corridori prima di Alaphilippe) nella storia del ciclismo. Ma vincerlo a suon di scatti prepotenti, con una strategia votata alla sfrontatezza, ai pochi calcoli, e il tutto nella tana dei leoni belgi sa di vera impresa.

Il Lombardia di Tadej Pogačar. Si ha ampia scelta per lo sloveno, che di imprese ne fa una ogni volta che si mette in sella, ma la vittoria al Lombardia ha il suo perché nel fatto che ormai il giovane fenomeno è conosciuto da tutti, è il cliente pericoloso per tutti in ogni circostanza, ma Pogačar sembra non curarsene e quando vuole una cosa semplicemente apre il gas e se la va a prendere.

La sparata di Mathieu van der Poel alla Strade Bianche. L’apertura di stagione ha offerto agli appassionati un lampo di classe e potenza, ed è la sparata furiosa di Mathieu van der Poel sullo strappo di Santa Caterina prima dell’arrivo vincente in piazza del Campo a Siena. Un attacco talmente netto e brutale da lasciare senza parole ogni concorrente (Alaphilippe si è permesso dire: “..e mi pareva pure di andare forte”). Insomma un attacco “arrogante” su cui c’è poco da dire, resterà li, sul marmo senese e nei libri di storia del ciclismo.

La medaglia d’oro alle olimpiadi di Anna Kiesenhofer. Quante volte il ciclismo è stato “pazzo”ed imprevedibile? È uno dei suoi tratti migliori, e la vittoria alle olimpiadi di Tokyo della austriaca Kiesenhofer ne è il tipico esempio. Si può parlare di fortuna, di errori delle avversarie, etc..ma sono tutti aspetti che non colgono lo spirito di questa tipica impresa ciclistica (e olimpica in particolare) nella quale la sconosciuta ciclista e matematica (di professione) austriaca teneva duro metro dopo metro sino al traguardo. E se è d’accordo la Van Vleuten….

E per voi?

Commenti

  1. La Roubaix di Colbrelli che rimarrà nella storia, sia per la durezza dovuta alle condizioni atmosferiche sia per il ritorno alla vittoria di un Italiano.

    Ma se penso ad una vittoria in cui usare gli aggettivi superlativi...
    Quella di MVDP alla Tirreno, li dentro ci sta un po' di tutto, dalla condotta di gara non razionale all'essere platealmente fisicamente superiore agli avversari, al correre per il tutto o niente...
    Se i rapporti con lo sloveno che gli è arrivato dietro fossero stati meno amichevoli, quella gara non la portava a casa....
  2. All'elenco secondo me manca l'oro olimpico di Carapaz, il Fiandre di Kasper Asgreen, la bella vittoria di Lorenzo Fortunato al Giro con arrivo sullo Zoncolan, e le vittorie di Caruso al Giro e alla Vuelta.
  3. Il mondiale della squadra italiana femminile, finalizzato da Elisa Balsamo ma corso in maniera entusiasmante da tutte le ragazze di Salvoldi.
    In campo maschile, il trittico di Van Aert al Tour, qualcosa che non si vedeva dai tempi dell'ultimo dei grandi, vale a dire Bernard Hinault (anche se Pogacar probabilmente sarà un nome da aggiungere alla lista nel prossimo futuro).
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